La grande varietà e ricchezza ambientale della regione che gravita attorno alla Giara di Gesturi ha favorito l’insediamento dell’uomo fin dal Neolitico. Non v’è quasi paese, in questa parte della Marmilla, che non custodisca aree archeologiche del più grande interesse. Lo stesso altopiano, che domina il paesaggio, ha conservato tracce importanti di una frequentazione assidua nelle epoche più remote: raccontano ancora la vita di chi vi abitò, i numerosi reperti d’ossidiana e le grotticelle funerarie chiamate domus de janas, rinvenute qui come in molti altri siti della regione, e delle quali sono esempio rilevante quelle di Scala Pitzosa (nel territorio di Tuili), di Sa ucca ’e su paùi (nel territorio di Gesturi), scavate nelle rocce calcaree sottostanti al basalto del piano sommitale, e quella di Sa Domu ’e s’Orcu, nel territorio comunale di Setzu, ricavata in un unico blocco tondeggiante di pietra calcarea.
L’antropizzazione più marcata ascrivibile al periodo nuragico, ha lasciato tracce di maggiore rilievo e più articolate; sono questi i secoli nei quali il rapporto tra l’uomo e il territorio si fa stretto, segnando con più forza l’importanza economica e strategica di quest’area. La conformazione della Giara, col suo vasto pianoro, i versanti scoscesi, le poche vie d’accesso e l’ampia visuale che l’altezza assicura verso tutte le direzioni, offrì risposta alle esigenze difensive delle piccole comunità protostoriche sarde, che trovarono qui le terre e i pascoli necessari al proprio sostentamento. Un sistema di nuraghi, semplici e complessi, si sviluppò, forse non a caso, lungo il bordo e sui versanti dell’altopiano – spesso proprio a controllo delle diverse scalas, le vie d’accesso che, a tutt’oggi percorribili, furono le uniche nell’antichità – mentre vestigia dello stesso periodo sono invece assenti nelle aree più interne.
E, ancora, forse non è un caso che proprio presso il ciglio sud orientale del pianoro, sia sorto il complesso diBruncu Màduli, comprendente l’esempio più imponente di protonuraghe (o nuraghe “a corridoio”) dell’Isola, oltre che un vasto insediamento di capanne, raccolte in isolati attorno a corti comuni.
Scavi archeologici mirati, capaci di chiarire e mettere a confronto i singoli contesti, sarebbero necessari per dare maggiore fondatezza alle ipotesi circa l’occupazione della Giara in epoche tanto lontane. Le conoscenze attuali sono per lo più frutto di ricognizioni di superficie e di pochi scavi stratigrafici, che per la maggior parte dei nuraghi censiti consentono appena una descrizione provvisoria.
Sul ciglio della Giara sono presenti in prevalenza nuraghi monotorre, a volte protetti da un bastione, come i nuraghi Tramatza e Nieddu (Gonnosnò), Mummuzzu (Assolo), Su Corrazzu e Pranu d’Omus (Genoni); i nuraghi sorti alle pendici mostrano invece struttura complessa, articolata in due o più torri, come il nuraghe Biriu (Genoni). In alcuni casi sono presenti attorno al nuraghe i resti di capanne di pianta circolare, a formare insediamenti più o meno importanti. Alcuni monumenti mostrano i segni di una frequentazione anche in epoche successive, come i nuraghi Tutturuddu (Tuili) e Santa Lucia (Assolo).
Ma, va detto, siti relativi al periodo nuragico sono sparsi anche nel resto del territorio, e punteggiano il paesaggio collinare che si distende ai piedi della Giara. Tra gli altri meritano una visita il tempio a pozzo di Coni, a Nuragus, e quello di San Salvatore, nel territorio di Gonnosnò. Sempre a Gonnosnò, in località Is Lapideddas, si trova un gruppo di importanti tombe di giganti: le sepolture più caratteristiche dell’epoca. Dello stesso periodo, e del periodo cartaginese, resta traccia rilevante nel sito di Santu Antine di Genoni.
La presenza punica e romana trova testimonianza nei villaggi che sorsero nella Giara, come Nuridda e Santa Luisa, nel territorio di Tuili, o nei siti di Bruncu Suergiu e di Pranu d’Omus, nel territorio di Genoni. Le vestigia di nuclei abitativi minori, risalenti ad epoca romana, databili al tardo periodo Repubblicano e rimasti in uso sino alla fine dell’Impero, si trovano anche lungo i versanti e ai piedi dell’altopiano.
Quelli fin qui nominati sono solo pochi tra i tanti monumenti, presenti nella regione, capaci di raccontare la vicenda lunghissima dei popoli che l’abitarono nella più remota antichità. Si tratta, nel suo complesso, di un patrimonio ricchissimo, che lentamente trova oggi modo di essere preservato, valorizzato, non da ultimo attraverso la diffusione della sua conoscenza. Proprio in vista di tali obiettivi, in Marmilla sono nate negli ultimi decenni strutture museali importanti, distribuite capillarmente in tutto il territorio. Strutture in grado certo di custodire il lascito delle civiltà passate, e al contempo capaci di avvicinare il pubblico e le nuove generazioni al significato di ogni singolo reperto, e al senso profondo che le tracce lasciate dal passato rivestono per ognuno di noi.